Lo studente britannico accusato di aver ricattato migliaia di visitatori di siti pornografici di tutto il mondo è stato condannato a sei anni di carcere. In 18 mesi di attività, Zain Qaiser, che ha 24 anni e vive a Barking, nella regione inglese dell’Essex, aveva guadagnato quasi 700 mila sterline (circa 800mila euro) con una truffa con cui minacciava i visitatori di alcuni di principali siti porno del mondo di diffondere le loro informazioni se non lo avessero pagato. Si pensa inoltre che il network di hacker a cui Qaiser si era affidato per portare avanti la truffa informatica abbia guadagnato più di 4 milioni di sterline. Qaiser fu arrestato la prima volta cinque anni fa, ma, scrive BBC, il processo era stato rimandato più volte per la complessità delle indagini e per dubbi riguardo la sua salute mentale. Qaiser è ritenuto il più significativo autore di reati informatici che sia mai stato condannato nel Regno Unito.
La truffa, organizzata assieme ad altri hacker in Russia, Cina e Stati Uniti, funzionava in questo modo: Qaiser aveva comprato degli spazi pubblicitari all’interno dei siti pornografici più visitati, che contenevano un virus chiamato “Anger” del tipo dei ransomware, cioè quei malware che limitano l’accesso dei dispositivi che infettano. Ogni volta che un utente cliccava sui banner pubblicitari, il virus veniva scaricato sul computer e prendeva il controllo del dispositivo finché l’utente non pagava una specie di riscatto di 200 dollari o 100 sterline, a seconda dei casi. Assieme alla richiesta di riscatto compariva una finestra con un messaggio, che sembrava essere stato inviato dall’FBI o da un’altra agenzia di sicurezza, in cui si avvertiva l’utente che aveva violato la legge e che rischiava fino a tre anni di carcere.
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Inoltre il messaggio avvertiva l’utente che erano state registrate le sue attività sul sito pornografico tramite webcam e che il video sarebbe stato diffuso nel caso di mancato pagamento. Il senso di colpa e la paura di essere scoperti, ha spiegato il pubblico ministero Joel Smith durante il processo, portavano gli utenti a pagare il riscatto e «per ovvie ragioni poche persone hanno denunciato la cosa alle forze di polizia». Gli inquirenti pensano che il virus sia stato scaricato su circa 165 mila computer e che, presumibilmente, almeno il 5 per cento degli utenti abbia pagato il riscatto: si parla di più di 8 mila persone. Mike Hulett, capo delle inchieste cyber presso la National Crime Agency (NCA) che si è occupata delle indagini, ha detto che «molto probabilmente non sapremo mai il numero effettivo delle persone che sono state truffate».