Invitiamo tutti a leggere questo articolo davvero importante dal titolo: “Più che nativi digitali, sono disagiati digitali”. Così commentano gli autori di FEDERPRIVACY: “Siamo davanti a un’autentica emergenza innanzitutto culturale ed educativa ma anche davanti a un fallimento regolamentare. E si tratta di un’emergenza che si continua a non affrontare in maniera sistematica, un’emergenza che non riesce a conquistarsi una priorità adeguata in famiglia, a scuola, nei palazzi delle Istituzioni.”
Ragazze e ragazzine violentate da altri ragazzi e ragazzini con lo smartphone tra le mani per filmare tutto, filmare la violenza animale del branco, filmare il dolore come se si fosse su un set cinematografico con l’ansia di condividere quei video, quelle scene, quelle tragedie via social. Bambine – le vittime di Caivano sembrerebbero avere 11 e 12 anni – costrette da aguzzini loro coetanei o poco più grandi a mesi di sistematica violenza sessuale sotto il ricatto di diffondere via social i video delle prime violenze.
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Bambini e adolescenti che davanti a una coetanea che sviene e cade a terra priva di sensi, anziché soccorrerla e chiedersi cosa sia successo, hanno, in branco, una prima eguale reazione: impugnare lo smartphone, riprenderla sotto la gonna, e condividere i video via Instagram.
Sono le storie drammatiche che in una manciata di giorni sono rimbalzate da Palermo, da Caivano, da Latina.
E sono solo quelle che si sono conquistate, per ragioni diverse, gli onori delle cronache e l’attenzione dell’Autorità giudiziaria perché, naturalmente, di storie analoghe di pornografia non consensuale – il c.d. revenge porn – online, di minacce e ricatti di sputtanamento via social, di video rubati filmando nei bagni delle scuole, negli spogliatoi delle palestre o sotto le gonne delle compagne di classe ce ne sono molti, moltissimi di più.
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