Il fatto
Con sentenza del 12 settembre 2016,ย la Corte dโappello di Napoli aveva, in riforma della decisione del tribunale di Santa Maria Capua Vetere del 28 gennaio 2013, con la quale era stata affermata la responsabilitร penale di C. D. F. in ordine al reato di diffamazione aggravata,ย dichiarato lโestinzione del reato per prescrizione.
I fatti riguardavano la diffusione di un volantino, poi trasfuso in una pubblicazione sul quotidiano โโฆโ, contenente affermazioni lesive della reputazione di L. M., Presidente provinciale della โฆ, profferite nellโambito di un risalente contrasto, acuitosi nel corso della campagna elettorale per il rinnovo della carica, e relative a fatti che avevano dato luogo al commissariamento dellโente.
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I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
Avverso la sentenza proponeva posto ricorso lโimputato, per il tramite del difensore, Avv. A. B., articolando i tre seguenti motivi: a) censura della sentenza impugnata in riferimento allโesclusione della causa di giustificazione del diritto di critica, in presenza di manifestazioni di censura legittimate dalla condotta del M., successivamente destituito dalla carica ed anche indagato, ritenute invece penalmente rilevanti dalla corte territoriale in violazione dei principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimitร ; b)ย vizio della motivazione sotto forma di travisamento della provaย per avere la corte dโappello escluso il ruolo di avversario politico rivestito, in ambito associativo, dal M., come risulta dalle deposizioni testimoniali (B., dirigente nazionale della โฆ, M. e S.); c)ย mancata assunzione di prova decisivaย non avendo la corte dโappello ammesso la acquisizione documentale comprovante lo scontro politico e giudiziario intercorso tra la persona offesa e la C. nella sue articolazioni regionale e nazionale.
Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
Il Supremo Consesso accoglieva il ricorso propostoย alla stregua delle seguenti considerazioni.
Si faceva presente in via preliminare che, nel giudizio di cassazione, lโobbligo di dichiarare una piรน favorevole causa di proscioglimentoย exย art. 129 cod. proc. pen., ove risulti lโesistenza della causa estintiva della prescrizione, opera nei limiti del controllo del provvedimento impugnato, in conformitร ai limiti di deducibilitร del vizio di motivazione, la quale, a norma dellโart. 606 cod. proc. pen., deve risultare dal testo del provvedimento impugnato (Sez. 6, n.48461 del 28/11/2013, omissis, Rv. 258169, N. 9944 del 2000 Rv. 217255, N. 10216 del 2003 Rv. 223575, N. 27944 del 2008 Rv. 240955, N. 35627 del 2012 Rv. 253458) e, una volta dedotto ciรฒ, ad avviso della Corte, si appalesava evidente lโerronea valutazione della causa di giustificazione operata dalla corte territoriale.
Si osservava a tal proposito come, dal testo del provvedimento impugnato, le espressioni censurate fossero state profferite nellโambito di una accesa contestazione, insorta in ambito confederativo, verso il Presidente provinciale della C. L. M., a cui venivano addebitati comportamenti scorretti che avevano dato luogo al commissariamento dellโente e persino allโiscrizione del medesimo nel registro degli indagati per reati commessi nellโesercizio del mandato fermo restando che siffatta contrapposizione si era, poi, acuita nel corso della campagna elettorale per il rinnovo della carica, nel cui ambito le rilevate criticitร erano state agitate per rimarcare lโinaffidabilitร del presidente uscente e, pertanto, in un contesto competitivo cosรฌ connotato, che risultavano formulate le espressioni riportate nellโimputazione, riferite a vigliaccheria del M. nellโevitare il confronto ed affrontare le critiche relative alla criticabile gestione, ed al declino inarrestabile del personaggio.
Posto ciรฒ, ad avviso dei giudici di Piazza Cavour, era evidente dallo stesso tenore del testo del comunicato come il D. F. โ in qualitร di iscritto alla confederazione e dunque legittimato dal suo ruolo politico ed amministrativo nello specifico settore โ avesse voluto offrire allโattenzione della pubblica opinione il proprio punto di vista sulla figura del presidente ricandidatosi e provocare una approfondita riflessione su di un tema di rilevante interesse pubblico, quale la credibilitร di un aspirante al ruolo di vertice che aveva, invece, dimostrato nel corso del mandato di non saper gestire la confederazione, tanto da essere commissariata; tema vieppiรน di interesse del contesto ambientale di riferimento, essendo stato il M. denunciato per reati commessi nellโespletamento del mandato in guisa tale che la tematica ivi sollevata riguardasse una questione di interesse della pubblica opinione in genere e degli iscritti alla confederazione in particolare riferendosi alla sostanziale legittimazione del M. alla presidenza ed avente ad oggetto una vicenda non solo potenzialmente suscettibile di approfondimento, ma effettivamente nota allโopinione pubblica e portata allโattenzione anche dellโautoritร giudiziaria.
Una volta ricostruite le coordinate fattuali dellโimputazione, gli ermellini rilevavano come, in punto di diritto, premesso che la sussistenza dellโesimente del diritto di critica presuppone, per sua stessa natura, la manifestazione di espressioni oggettivamente lesive della reputazione altrui, la cui offensivitร possa, tuttavia, trovare giustificazione nella sussistenza dello stesso diritto (Sez. 5, n. 3047 del 13/12/2010 โ dep. 27/01/2011, omissis, Rv. 249708), lโesercizio di sรฌffatto diritto consentisse il ricorso anche ad espressioni forti e persino suggestive al fine di potenziare lโefficacia del discorso o del testo e richiamare lโattenzione dellโinterlocutore destinatario.
Difatti, come dedotto in questa pronuncia, in tema di esimenti del diritto di critica e di cronaca, la giurisprudenza della Cassazione si รจ espressa in termini consolidati in riferimento ai requisiti caratterizzanti il necessario bilanciamento degli interessi in conflitto, individuati nellโinteresse sociale allโinformazione, nella continenza del linguaggio e nella veritร del fatto narrato e, in tale ottica, รจ stato evocato anche il parametro dellโattualitร della notizia, nel senso che una delle ragioni fondanti della esclusione della antigiuridicitร della condotta lesiva della altrui reputazione deve essere ravvisata nellโinteresse generale alla conoscenza del fatto nel momento storico, e dunque nellโattitudine della informazione a contribuire alla formazione della pubblica opinione, in modo che il cittadino possa liberamente orientare le proprie scelte nel campo della formazione sociale, culturale e scientifica (tra le tante, Sez. 5, n. 39503 del 11/05/2012, omissis, Rv. 254789).
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I giudici di legittimitร ordinaria facevano altresรฌ presente che, con specifico riferimento al diritto di critica politica, il rispetto del principio di veritร si declina peculiarmente, assumendo limitato rilievo, necessariamente affievolito rispetto alla diversa incidenza che il medesimo dispiega sul versante del diritto di cronaca in quanto la critica, quale espressione di opinione meramente soggettiva, ha per sua natura carattere congetturale che non puรฒ, per definizione, pretendersi rigorosamente obiettiva ed asettica (Sez. 5, n.25518 del 26/09/2016, Rv. 270284, Sez. 5, n.7715 del 04/11/2014 โ dep. 2015 Rv. 264064, Sez. 5, n. 4938 del 28/10/2010 โ dep. 2011, Rv. 249239), e siffatta impostazione si pone in linea con la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dellโuomo secondo cui lโincriminazione della diffamazione costituisce una interferenza con la libertร di espressione e quindi contrasta, in principio, con lโart. 10 CEDU, a meno che non sia ยซprescritta dalla leggeยป, non persegua uno o piรน degli obiettivi legittimi ex art. 10 par. 2 e non sia ยซnecessaria in una societร democraticaยป stante il fatto che, in riferimento agli enunciati limiti, la Corte EDU, da un lato, ha, in varie pronunce, sviluppato il principio inerente laย โveritร del fatto narratoโย per ritenereย โgiustificabileโย la divulgazione lesiva dellโonore e della reputazione: ed ha declinato lโargomento in una duplice prospettiva, distinguendo tra dichiarazioni relative a fatti e dichiarazioni che contengano un giudizio di valore, sottolineando come anche in questโultimo caso sia comunque sempre contenuto un nucleo fattuale che deve essere sia veritiero che oggettivamente sufficiente per permettere di trarvi il giudizio, versandosi, altrimenti, in affermazione offensiva โeccessivaโ e non scriminabile perchรฉ assolutamente priva di fondamento o di concreti riferimenti fattuali, dallโaltro, nellโaddivenire a siffatta conclusione giuridica, si รจ riferita principalmente al diritto di critica, politica, etica o di costume e, in generale, a quel diritto strettamente contiguo, sempre correlato con il diritto alla libera espressione del pensiero che รจ il diritto di opinione indicando quali siano i limiti da non travalicare nel caso di critica politica osservandosi al contempo che, in questa prospettiva, si รจ posta la sentenza CEDU Mengi vs. Turkey, del 27.2.2013 che, secondo quanto dedotto dalla Cassazione in questa decisione, costituisce la piรน avanzata ricognizione della posizione della Corte in materia di art. 10 della Carta nella distinzione tra diritto di critica e diritto di cronaca, distinguendo traย statement of factsย (oggetto dรฌ prova) eย value judgementsย (non suscettibili di dimostrazione), rilevando come nel secondo caso il potenziale offensivo dellโarticolo o dello scritto, nel quale รจ tollerabile โ data la sua natura โย โexaggeration or even provocationโ,ย sia neutralizzato dal fatto che lo scritto si basi su di un nucleo fattuale (veritiero e rigorosamente controllabile) sufficiente per poter trarre il giudizio di valore negativo; se il nucleo fattuale รจ insufficiente, il giudizio รจย โgratuitoโย e pertanto ingiustificato e diffamatorio.
Tal che, alla luce delle considerazioni sin qui esposte, si giungeva alla conclusione secondo la quale, ove il giudice pervenga, attraverso lโesame globale del contesto espositivo, a qualificare questโultimo come prevalentemente valutativo, iย limiti dellโesimente sono costituiti dalla rilevanza sociale dellโargomento e dalla correttezza di espressioneย (Sez. 5, n. 2247 del 02/07/2004, Rv. 231269; Sez. 1, n. 23805 del 10/06/2005, Rv. 231764) e di conseguenza,ย siffatto limite รจ costituito dal fatto che la questione trattata sia di interesse pubblico e che, comunque, non si trascenda in gratuiti attacchi personaliย (Sez. 5, n. 8824 del 01/12/2010, Rv. 250218; Sez. 5, n. 38448 del 25/09/2001, Rv. 219998).
Si evidenziava oltre a ciรฒ che, in un quadro di valori di riferimento cosรฌ peculiarmente connotato, andasse poi considerato il depotenziamento della carica semantica di talune espressioni in riferimento al contesto in cui vengono utilizzate, quale quello politico, in cui la critica assume spesso toni aspri e vibrati, ed il rilievo secondo cuiย la critica puรฒ assumere forme tanto piรน incisive e penetranti quanto piรน rilevante sia la posizione pubblica del destinatarioย (Sez. 5, n. 27339 del 13/06/2007, Rv. 237260) in guisa tale cheย il livello e lโintensitร , pur notevoli, delle censure indirizzate sotto forma di critica a coloro che occupano posizioni di tutto rilievo nella vita pubblica, non escludono lโoperativitร della scriminante, poichรฉ nellโambito politico risulta preminente lโinteresse generale al libero svolgimento della vita democraticaย (Sez. 5, n. 15236 del 28/01/2005, 232125) e di conseguenzaย quanto maggiore รจ il potere esercitato, tanto maggiore รจ lโesposizione alla critica, perchรฉ chi esercita poteri pubblici deve essere sottoposto ad un rigido controllo sia da parte dellโopposizione politica che dei cittadiniย (Sez. 5, n. 11662 del 06/02/2007, Rv. 236362).
Tal che, applicando gli enunciati principi al caso in esame, si appalesava, ad avviso della Corte, evidente lโerronea applicazione dellโart. 51 cod. pen.ย e laย manifesta illogicitร della motivazioneย della sentenza impugnata in ordine alla sussistenza della scriminante stante il fatto che lโimputato si era limitato ad evidenziare il declino politico di un presidente al centro di aspre contestazioni, risalenti al 2004, e in un contesto quindi prodromico alla sua candidatura a ricoprire nuovamente una carica di vertice non solo criticata, ma che aveva addirittura determinato il commissariamento dellโente e lโapprofondimento in sede giudiziale della rilevanza penale delle contestate condotte, formulando valutazioni espresse con un linguaggio del tutto consono alla sede e congruo in riferimento ai fatti rappresentati e dunque, alla luce di ciรฒ, si riteneva come non potesse ritenersi che lโimputato avesse posto in essere una gratuita aggressione alla persona del querelante che peraltro rivestiva una posizione di notorietร nel locale contesto proprio per la carica rivestita e le polemiche che aveva generato.
Si evidenziava a tal riguardo, una volta messo in risalto che,ย in tema di diffamazione, nella valutazione del requisito della continenza, necessario ai fini del legittimo esercizio del diritto di critica, si deve tenere conto del complessivo contesto dialettico in cui si realizza la condotta e verificare se i toni utilizzati dallโagente, pur aspri e forti, non siano gravemente infamanti e gratuiti, ma siano, invece, comunque pertinenti al tema in discussioneย (Sez. 5, n.4853 del 18/11/2016 โ dep.2017 Rv. 269093, N. 13735 del 2006 Rv. 233986, N. 48712 del 2014 Rv. 261489, N. 5695 del 2015 Rv. 262531, N. 7244 del 2015 Rv. 267137, N. 7715 del 2015 Rv. 264064, N. 4298 del 2016 Rv. 266026, N. 37397 del 2016 Rv. 267866, N. 41414 del 2016 Rv. 267865), come nel testo del volantino โ e della successiva pubblicazione โ andasse riconosciuto il requisito della continenza con riferimento allโart. 51 cod. pen., cosรฌ come declinato nella giurisprudenza elaborata in sede nomofilattica nei termini di proporzione, misura e continenti, che non hanno equivalenti e non sono sproporzionati rispetto ai fini del concetto da esprimere e alla controllata forza emotiva suscitata dalla polemica su cui si vuole instaurare un lecito rapporto dialogico e dialettico atteso che la continenza formale non equivale a obbligo di utilizzare un linguaggio grigio e anodino, ma consente il ricorso a parole sferzanti, nella misura in cui siano correlate al livello della polemica, ai fatti narrati e rievocati (in tal senso: Sez. 5, n. 3356 del 27/10/2010) tanto piรน se si considera che la prospettazione del declino del presidente era stata formulata non giร quale critica decontestualizzata al M., bensรฌ quale indicatore della mancanza di rappresentativitร del medesimo in seno alla C., con ulteriore depotenziamento di una pretesa offensivitร ย ad hominem,ย apparendo allโevidenza lโinteresse del D. F. finalizzato alla tutela della credibilitร dellโente e non allโindiscriminata lesione della reputazione del querelante.
Da ciรฒ se ne faceva inferire, come ulteriore corollario, che Il tenore delle espressioni adoperate, non solo non esorbitasse dal taglio proprio connesso al ruolo di iscritto del propalante, ma rendesse, per di piรน, comunque ultroneo il richiamo del limite allargato del principio di continenza che, come viene rammentato in questa sentenza, comunque ricorre in presenza di modalitร espressive ironiche, irridenti o sarcastiche, quali manifestazioni di legittima polemica in ordine a contrapposte opinioni e comportamenti comunque di interesse pubblico (Sez. 5, n. 13563 del 20/10/1998, omissis, Rv. 212994) dato che lโart. 21 Cost., analogamente allโart. 10 Cedu, non tutela unicamente le idee favorevoli o inoffensive o indifferenti, essendo al contrario principalmente rivolto aย garantire la libertร proprio delle opinioni che โurtano, scuotono o inquietanoโ, con la conseguenza che di esse non puรฒ predicarsi un controllo se non nei limiti della continenza espositiva, che, una volta riscontrata, integra lโesimente del diritto di criticaย (Sez. 5, n. 25138 del 21/02/2007, Rv. 237248).
La Cassazione, di conseguenza, alla luce delle considerazioni sin qui esposte, riteneva come le conclusioni, a cui era pervenuta la Corte dโappello di Napoli, non fossero, dunque, condivisibili poichรฉ la critica era stata formulata con modalitร che costituivano espressione della libertร di manifestazione del pensiero, che โ mediante prospettazione di una obiettiva situazione di contrasto finalizzata alla rivendicazione della correttezza dellโazione โ rientrasse nella scriminante dellโesercizio del diritto tutelato dallโart. 21 Cost. e 51 art. cod. pen. e, pertanto, dichiarava come la sentenza impugnata dovesse essere annullata senza rinvio perchรฉ il fatto non costituisce reato, con conseguente revoca delle statuizioni civili in essa contenute.
Conclusioni
La sentenza in esame รจ senza ombra di dubbio condivisibile in quanto in essa si chiarisce come e in che termini ricorre il requisito della continenza che, come รจ noto, a norma dellโart. 51 c.p., rende le dichiarazioni rese non punibili per diffamazione.
Il limite entro cui รจ configurabile questo requisito, dunque, come visto prima, รจ assai ampio atteso che rileva qualunque critica purchรจ la questione trattata sia di interesse pubblico e che, comunque, non si trascenda in gratuiti attacchi personali fermo restando che, da un lato, nel caso di critica enunciata nei confronti del politico (anche se, ad onor del vero, nel caso di specie, il destinatario della critica non era un esponente di un partito politico ma un dirigente di unโassociazione di categoria volta alla tutela degli imprenditori agricoli), quanto maggiore รจ il potere esercitato, tanto maggiore รจ lโesposizione alla critica, perchรฉ chi esercita poteri pubblici deve essere sottoposto ad un rigido controllo sia da parte dellโopposizione politica che dei cittadini, dallโaltro, si deve tenere conto del complessivo contesto dialettico in cui si realizza la condotta e verificare se i toni utilizzati dallโagente, pur aspri e forti, che possono tradursi anche in modalitร espressive ironiche, irridenti o sarcastiche, semprechรฉ non siano gravemente infamanti e gratuiti, ma siano, invece, comunque pertinenti al tema in discussione.
La portata applicativa del diritto di critica, pertanto, รจ assai ampio specie se esercitato nei confronti di chi riveste una pubblica funzione purchรจ ovviamente detto diritto non si tramuti in atteggiamenti meramente infamanti e gratuiti che, in quanto tali, non rappresentano un suo valido esercizio, quanto piuttosto un comportamento meramente diffamatorio che, in quanto tale, non puรฒ che essere qualificato come una condotta penalmente rilevante e perseguibile a norma dellโart. 595 c.p..
https://www.diritto.it/in-materia-di-diffamazione-cosa-occorre-considerare-per-verificare-il-requisito-della-continenza-ai-fini-del-legittimo-esercizio-del-diritto-di-critica/