Quella con la quale la Federal Trade Commission USA, nei giorni scorsi, ha imposto una serie di regole rigorosissime a Retina X, società produttrice di app di successo per il monitoraggio e il tracking di smartphone e persone è una decisione che non basterà a risolvere il problema ma che ha il merito di imporlo all’attenzione mediatica e politica globale.
Gli app store – ma anche il web – pullulano di app capaci di localizzare telefonini, tracciarne gli spostamenti, registrare conversazioni telefoniche e ambientali e, persino, video riprendere ogni genere di ambiente e situazione.
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Non manca davvero niente a consentire a chiunque di trasformarsi in un autentico James Bond se non con licenza di uccidere, certamente, con licenza di fare carne da macello della privacy di chiunque altro.
La più parte di queste app, ovviamente disponibili anche nel nostro Paese, ha un caso d’uso – profili etici a parte – legale o quasi legale: controllare i propri figli, monitorare i propri dipendenti ovviamente nel rispetto delle regole vigenti, garantire più sicurezza degli anziani, ritrovare un telefonino smarrito ecc.
Il problema è che la linea di confine tra l’uso lecito e quello illecito di questi strumenti è labile ed è affidata essenzialmente all’educazione, alla cultura, al rispetto delle regole del loro utilizzatore che può farne ciò che vuole: spiare il coniuge, il proprio vicino anche solo per voyeurismo, il concorrente, la vittima designata di ogni genere di nefandezze.
Provando a semplificare un problema ben più complesso, in linea generale, si può dire che – salvo casi eccezionali – più l’utilizzo di queste app è trasparente per i soggetti target del tracciamento, della localizzazione, della registrazione ambientale e più il loro uso può considerarsi lecito o, almeno, diventa improbabile l’eventualità che l’uso sia illecito.
E, naturalmente, meno le app in questione sono usate per la raccolta di dati personali e per la loro comunicazione a terzi, più il loro uso è, probabilmente, lecito.
È per questo che la Federal Trade Commission ha imposto alla Retina X di subordinare ogni futura commercializzazione delle proprie app alla raccolta di una preventiva dichiarazione scritta con la quale gli acquirenti si impegnano a utilizzarla esclusivamente per un elenco limitato di possibili scopi leciti.
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È ovvio che gli acquirenti, un istante dopo aver scaricato l’app, possono fare carta straccia della dichiarazione e utilizzare l’app per ogni genere di uso illecito ma, almeno, la società produttrice è ora tenuta a richiamare la loro attenzione sulla “pericolosità” dell’app e sull’esigenza di usarla in maniera corretta.
E non basta perché la Federal Trade Commission ha imposto anche alla Retina X di fare in modo che quando una delle sue app è in funzione su un dispositivo il suo proprietario debba poter sempre vedere un’apposita icona, cliccando sulla quale deve poter accedere alle informazioni essenziali sulle sue funzionalità e sull’identità di chi la comanda.
Ma la Federal Trade Commission ha anche imposto alla stessa società di cancellare tutti i dati personali raccolti sin qui con particolare riferimento a quelli dei minori, dare informazione sui rischi legati all’uso dell’app attraverso le sue pagine web, sottoporre le proprie app a un audit indipendente su tutti i profili oggetto di indagine e trasmettergliene gli esiti.
L’Autorità americana, senza tanti giri di parole, sta dicendo che le app in questione sono – o possono essere – pericolose e sta ponendo una serie di paletti al loro libero utilizzo.
È una riflessione utile, importante, preziosa e urgente anche da noi dove non abbiamo neppure idea di quanto largo, ramificato e occulto possa essere l’utilizzo di questo genere di app per scopi illeciti.