Negli ultimi mesi del 2017 una falla preoccupante nel protocollo WPA 2- usato negli apparati di comunicazione Wi-Fi – minò la sicurezza del protocollo stesso, e la Wi-Fi Alliance in pochi mesi preparò il più sicuro WPA 3.
Che fosse più sicuro pareva evidente allora, ma oggi uno studio sostiene che nella più recente versione del protocollo WPA c’è un serio problema di progettazione che ne vanifica in gran parte la sicurezza.
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Mathy Vanhoef e Eyal Ronen, i ricercatori che hanno scoperto questa debolezza hanno battezzato lo studio Dragonbloodpoiché il problema risiede nella fase di handshake che, in WPA 3, viene eseguita usando il metodo noto come SAE (Simultaneous Authentication of Equals), chiamato anche Dragonfly.
QUesto sistema è sfortunatamente prono ad attacchi del tipo password partitioning, molto simili agli attacchi basati su dizionario: un malintenzionato può quindi violare le password e intercettare il traffico.
«Un malintenzionato può impersonare qualsiasi utente, e di conseguenza accedere alla rete Wi-Fi, senza bisogno di conoscere la password dell’utente»spiegano Vanhoef e Ronen.
Inoltre, i calcoli mostrano che per violare una password lunga otto caratteri è sufficiente spendere 125 dollari per affidarsi alle risorse messe a disposizione dai vari servizi di cloud computing: molto per chi vuole solo fare uno scherzo a un amico; molto poco per chi voglia impossessarsi di informazioni importanti.
I due ricercatori raccomandano che il protocollo WPA 3 attuale venga dichiarato non conforme agli standard di sicurezza e sia sottoposto a un’attenta revisione, pur riconoscendolo come un passo in avanti rispetto alla versione 2.
La Wi-Fi Alliance è già stata informata e s’è già messa al lavoro insieme ai due scopritori della fallaper risolvere il problema.
In attesa della revisione completa del protocollo, alcune patch che impediscono lo svolgersi dell’attacco sono già state rilasciate: non resta che aggiornare i dispositivi Wi-Fiper i quali i produttori offrono supporto.
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