Le violazioni dei sistemi informatici fanno più danni delle frodi commesse dai consumatori e dell’appropriazione indebita, un tempo principali spauracchi dell’attività d’impresa quando alla voce dei “crimini economici”. E’ quanto emerge dall’aggiornamento 2018 dell’indagine di Pwc sulle frodi economico-finanziarie subite dalle imprese. In Italia, quasi un’azienda su quattro (il 23%) dichiara di avere subito questa categoria di reati negli ultimi due anni. Un dato che si confronta con il 49% globale e con il 45% dell’Europa occidentale, ma le nostre imprese soffrono da questo punto di vista di una sottostima: “Sappiamo da tempo che le frodi aziendali in Italia sono più diffuse di quanto solitamente emerga dai dati – spiega nella presentazione dei risultati il partner di Pwc Alberto Beretta – in parte non vengono nemmeno intercettate, in parte non vengono comunicate per ragioni di riservatezza e reticenza. Quello che spesso non aiuta ad affrontare efficacemente il problema è la parziale inadeguatezza degli strumenti che supportano le aziende nella tempestiva intercettazione e gestione dei fenomeni fraudolenti. Inoltre, prevale la logica dei ‘compartimenti stagni’, ossia tanti approcci diversi all’interno della stessa azienda, a seconda del tipo di frode e della funzione aziendale che se ne occupa. L’approccio dovrebbe essere invece ‘olisticò e orientato alla gestione complessiva del fenomeno”.
Come accennato inizialmente, tra le mura delle imprese italiane la categoria di frode più diffusa è il cybercrime (indicata dal 45% dei rispondenti italiani), seguita da appropriazione indebita (42%), dalle frodi commesse dai consumatori (32%) e dalle frodi contabili (24%). Anche in questo caso, a livello globale si ha una percezione differente: le frodi maggiormente dichiarate sono le casistiche di appropriazione indebita (45%), seguita da cybercrime (31%), frodi commesse dai consumatori (29%) e pratiche commerciali scorrette (28%).
Mentre a livello globale prevalgono le frodi commesse da soggetti interni all’organizzazione (52%), in Italia si registra un forte incremento delle frodi esterne: dal 30% del 2016 al 54% del 2018, trend che riflette la crescente minaccia cyber e la diffusione di frodi perpetrate dai consumatori. Analizzando i soggetti esterni autori della frode, il 47% rientra nella categoria “cliente”, circa un terzo sono “hacker” professionisti, mentre il 20% dei casi – dato particolarmente allarmante – coinvolge intermediari, agenti (oltre che fornitori), ossia quei soggetti con cui l’azienda intrattiene rapporti di fiducia, solitamente su base continuativa. Da notare che nel 27% dei casi la frode è stata realizzata da organizzazioni criminali.
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Al cybercrime viene dunque dedicato un approfondimento, considerando che rispetto all’edizione 2016 le frodi dichiarate in Italia sono balzate (erano dichiarate al 20% dei casi solo due anni fa). “Tale trend – annota Pwc – riflette sia una concreta espansione del fenomeno, sia la maggiore consapevolezza delle aziende: a conferma di questo, il cybercrime è indicato a livello globale (26% degli intervistati) ed ancor più in Italia (34% degli intervistati) come la minaccia più seria per i prossimi due anni”. Cosa succede quando un azienda viene colpita? Nella maggioranza dei casi, l’obiettivo è stato danneggiare o interrompere i processi di business (31%), sottrarre asset all’azienda (29%) o mettere in atto forme di estorsione (25%).
http://www.repubblica.it/economia/rapporti/impresa-italia/2018/02/22/news/pwc_cybercrime_frodi_appropriazione_indebita-189451659/