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I 15 REATI CHE SI POSSONO COMMETTERE SU WHATSAPP

I 15 REATI CHE SI POSSONO COMMETTERE SU WHATSAPP
Scritto da gestore

Whatsapp è l’applicazione regina per la messaggistica di testo. In italia è presente nel telefono di circa 33 milioni di persone ma non tutti conoscono i reati che possono essere commessi utilizzando questo strumento. In questo articolo vedremo insieme quello che non è lecito fare con WhatsApp e quali sono le conseguenze per i 15 reati più comuni di chi infrange la legge italiana ed europea.

In questo articolo :

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Elenco delle violazioni che è possibile commettere su WhatsApp ( è possibile fare click sul punto di interesse per visionare subito la risposta ) :

  1. Divieto di utilizzo di WhatsApp per chi ha meno di 16 anni
  2. Divieto di inserire una persona in un Gruppo WhatsApp senza il consenso
  3. Divieto di inoltrare screenshot di WhatsApp con le conversazioni private ricevute da un utente a soggetti terzi
  4. Divieto di inoltrare foto o video di bambini su WhatsApp se …
  5. Divieto di inoltrare un messaggio pubblicato su un gruppo chiuso di WhatsApp a terzi non appartenenti al gruppo medesimo
  6. Divieto di impersonare un’altra persona su WhatsApp
  7. Divieto di inviare messaggi pubblicitari su WhatsApp
  8. Divieto di inviare messaggi di natura pornografica, razzista, offensiva, minacciosa, illegale e diffamatoria su WhatsApp
  9. Divieto di violare diritti d’autore su WhatsApp
  10. Divieto di inviare materiale pericoloso che possa veicolare virus su WhatsApp
  11. Divieto di spiare le chat del partner su WhatsApp
  12. Divieto di perseguitare una persona con messaggi continui su whatsapp configurando il reato di stalking
  13. Divieto di utilizzare su WhatsApp stickers a contenuto offensivo, violento, discriminatorio, antisemita, nonché pedopornografico.
  14. Divieto di offendere o diffamare insegnanti / professori / istruttori nei gruppi di WhatsApp 
  15. Divieto di utilizzo di WhatsApp per invio di immagini o video di sexting o per minacciare la diffusione di foto e video, fenomeno conosciuto come sextortion 

ECCO LA LISTA DEI DIVIETI SU WHATSAPP

 

  1. Divieto di utilizzo di WhatsApp per chi ha meno di 16 anni. Il primo reato, forse il più scontato è l’utilizzo dell’applicazione da parte dei minori di 16 anni. In conformità con il nuovo regolamento europeo sulla privacy, le condizioni d’uso di Whatsapp stabiliscono che la APP è riservata solo agli utenti con almeno 16 anni. Leggiamo a tal proposito : “Se risiede in un Paese nella Regione europea, l’utente deve avere almeno 16 anni per utilizzare i nostri Servizi”. Cosa accade ai minori di 16 anni se utilizzano egualmente questo servizio ? Esiste una clausola su WhatsApp, sempre nei termini di utilizzo che prevede la possibilità da parte del genitore di assumersi la responsabilità e fornire il consenso al trattamento dei dati personali dei loro figli. E’ sufficiente che il minore di 16 anni indichi il cellulare o la email del genitore per ottenere il consenso. Tuttavia nessuno va a verificare se un ragazzo minore di 16 ha dichiarato il falso anche perchè per whatsapp l’utente menzognero si assumerà il rischio della propria condotta, e cioè l’incameramento dei dati personali da parte di WhatsApp … si legge a tal proposito : “ove l’utente non abbia l’età richiesta per poter accettare i Termini nel suo Paese, il suo genitore o il suo tutore devono accettarli a suo nome”. CONSEGUENZE PER CHI LO INFRANGE : Qualora l’utente abbia mentito sull’età per accedere a whatsapp senza autorizzazione dei genitori, dichiarando di avere 16 anni, e sia poi responsabile di condotte poco onorevoli nei confronti di altri, come ad esempio il cyberbullismo tramite whatsapp, le autorità quando effettueranno le indagini riscontreranno la falsa dichiarazione che costituirà un’aggravante delle eventuali sanzioni e pene che sono già previste per il primo reato.
  2. Divieto di inserire una persona in un Gruppo WhatsApp senza il consenso. Il numero di telefono di una persona è un dato personale e non può essere comunicato a terzi, o divulgato in pubblico come accade per una chat di gruppo su whatsapp, senza aver ricevuto prima il consenso da parte del titolare del numero. E’ quindi necessario richiedere il preventivo consenso all’interessato in un messaggio privato ( in un rapporto uno ad uno )  prima di procedere con il suo inserimento all’interno del gruppo onde evitare pesanti “ritorsioni” dal punto di vista penale. Quindi no a sistemi automatizzati di inserimento diretto di una persona in un gruppo whatsapp. E non basta sbarrare una semplice casella o scrivere «Autorizzo il trattamento dei miei dati» ma bisogna anche fornire tutta una serie di informazioni quali: l’identità del soggetto titolare del trattamento e di colui che è responsabile della conservazione dei dati; le modalità per accedere ai propri dati e chiederne eventualmente la cancellazione; le finalità per cui tali dati vengono utilizzati e la garanzia che gli stessi non verranno ceduti o regalati a terzi. Il Gdpr sancisce anche la necessità di spiegare in modo chiaro e comprensibile il modo in cui vengono raccolti i dati personali dell’utente minorenne. Bisogna, cioè, fare in modo che la persona sia correttamente informata, che capisca quello che sta facendo. Occorre specificare come verranno utilizzati i suoi dati.  il Regolamento europeo generale sulla protezione dei dati personali stabilisce che l’età minima per non essere considerato minore per quanto riguarda il consenso per la privacy è 16 anni.
    Per dimostrare che il consenso era stato chiesto non è sufficiente inviare il messaggio, ma occorre ricevere anche la risposta di conferma da parte dell’interessato dopo aver specificato i punti sopra esposti, così qualora vi fossero contestazioni potrete richiedere una “copia autentica o certificazione del messaggio whatsapp” ( si chiede qui ) per dimostrare con valore legale la richiesta. Il garante della privacy prevede questo modulo per l’esercizio dei diritti di protezione dei dati personali.   CONSEGUENZE PER CHI LO INFRANGE  : Se una persona aggiunge qualcuno in gruppo di WhatsApp senza prima aver ottenuto il consenso della persona inserita, commette una violazione della normativa sulla privacy e, soprattutto, integra il reato di illecito trattamento dei dati personali ( violazione dell’articolo 167 d.lgs. 196/03. Codice in materia di protezione dei dati personali. Corte di Cassazione sentenza n. 21839/11 del 01.06.2018. Chi procede al trattamento di dati personali in violazione di quanto disposto dagli articoli 18, 19, 23, 123, 126 e 130, ovvero in applicazione dell’articolo 129, è punito, se dal fatto deriva nocumento, con la reclusione da sei a diciotto mesi o, se il fatto consiste nella comunicazione o diffusione, con la reclusione da sei a ventiquattro mesi )
  3. Divieto di inoltrare screenshot di WhatsApp con le conversazioni private ricevute da un utente a soggetti terzi. E’ vietato inviare screenshot di conversazioni private a terzi qualora i contenti permettano di identificare la persona con un dato personale, come nome e cognome, numero di cellulare o vi siano confidenze rivelate sull’orientamento sessuale, sulla salute, sulla religione, sul pensiero politico e religioso. CONSEGUENZE PER CHI LO INFRANGE  : Se una persona invia un messaggio personale su WhatsApp ad una terza persona, nel quale sono presenti informazioni appena dichiarate nel paragrafo qui sopra, senza prima aver ottenuto il consenso della persona inserita, commette una violazione della normativa sulla privacy e, soprattutto, integra il reato di illecito trattamento dei dati personali ( violazione dell’articolo 167 d.lgs. 196/03 ). La condotta in esame può integrare persino la fattispecie di diffamazione, art. 595 c.p., quando la divulgazione avvenga a favore di più persone e l’azione sia idonea a ledere l’altrui reputazione, ossia al fine di denigrare e offendere la considerazione di cui la vittima gode nel contesto sociale e collettivo di riferimento (elementi oggettivi): “Chiunque, comunicando con più persone offende l’altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a euro 1.032. Se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a euro 2.065. Se l’offesa è recata con il mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a euro 516. […]”
  4. Divieto di inoltrare foto o video di bambini su whatsapp se … Se nell’immagine inviata su whatsapp sono inquadrati oltre al bambino legato da rapporto parentale (ad esempio padre o madre ) con il mittente del messaggio, anche altri bambini minori di 18 anni, chi invia il messaggio senza il consenso dei rispettivi genitori commette un illecito. Inoltre non è lecito pubblicare una foto del proprio figlio insieme ad altri bambini se si può vedere bene il viso di questi ultimi tali da poterli identificare. Quando non si tratta dei propri figli, è necessario che prima di qualunque pubblicazione si chieda un preventivo consenso scritto da parte dei genitori, anche se la foto ritrae il viso degli altri bambini solo sullo sfondo e non in primo piano. E’ invece lecito pubblicarla sfocando il viso degli altri bambini con un programma di editing, evitando così che si possa riconoscere il soggetto ritratto. Non è lecito neppure pubblicare la foto di un minore senza avere chiesto il consenso di entrambi i genitori anche se a farlo è un parente stretto come una nonno/a o uno zio/zia. Quando non si tratta dei propri figli, è necessario che prima di qualunque pubblicazione si chieda un preventivo consenso scritto da parte dei genitori ( entrambi ), anche se la foto ritrae il viso del minore solo sullo sfondo e non in primo piano.  CONSEGUENZE PER CHI LO INFRANGE  : La tutela dell’immagine della persona, nella fattispecie del minore, è caratterizzata da una regolamentazione a parte. Specifiche norme sono previste dalla legge sul diritto di autore (l. 1941/633) e dal codice civile, che disciplina l’abuso dell’immagine altrui. La legge sul diritto d’autore prevede che il ritratto di una persona non possa essere esposto senza il suo consenso (art. 96 legge n. 633/1941). Oltre alle garanzie che la nostra legge prevede in favore dei minorenni, c’è anche la convenzione di New York sui diritti del fanciullo che ne tutela l’immagine. I genitori potrebbero richiederti un risarcimento di diverse migliaia di euro attraverso una denuncia che deve essere presentata allegando una prova con valore legale come la certificazione di una chat o messaggio di whatsapp [ click qui ]. Inoltre anche WhatsApp potrebbe prendere provvedimenti e sospendere l’account che ha commesso il reato.
  5. Divieto di inoltrare un messaggio pubblicato su un gruppo chiuso di whatsapp a terzi non appartenenti al gruppo medesimo. Secondo la Cassazione la chat in un gruppo chiuso di Whatsapp è equiparata alla corrispondenza privata e, pertanto, non può essere divulgata a terzi non appartenenti al gruppo. «La segretezza si deve intendere come espressione della più ampia libertà di comunicare liberamente con chiunque». Essa indica il diritto di escludere dalla comunicazione soggetti diversi dai destinatari selezionati dal mittente nella creazione del gruppo. Il mittente può quindi pretendere che nessun estraneo venga a conoscenza delle sue comunicazioni così come i destinatari non possono diffondere queste comunicazioni a terzi. Se la chat è di un gruppo privato è come una lettera chiusa. CONSEGUENZE PER CHI LO INFRANGE  : L’art. 1 del D. Lgs. 29.12.2017 n. 216 “Disposizioni in materia di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni in attuazione della delega di cui all’articolo 1, commi 82, 83 e 84, lettere a), b), c), d), ed e), della legge 23 giugno 2017, n. 103” [10], con decorrenza dal 26.01.2018, ha introdotto, nel codice penale, alla sez. V “Dei delitti contro l’inviolabilità dei segreti”, nell’art. 617-septies, una nuova fattispecie incriminatrice, punibile a querela della persona offesa, rubricata “Diffusione di riprese e registrazioni di comunicazioni fraudolente”, che punisce la diffusione di conversazione privata da parte di uno dei partecipanti. Sono inoltre necessari, per integrare la fattispecie, l’intento di recare danno all’immagine altrui e la registrazione fraudolenta della comunicazione: “Chiunque, al fine di recare danno all’altrui reputazione o immagine, diffonde con qualsiasi mezzo […] registrazioni, pur esse fraudolente, di conversazioni, anche telefoniche o telematiche, svolte in sua presenza o con la sua partecipazione, è punito con la reclusione fino a quattro anni.” L’ipotesi prevista dall’art. 616 c.p. “Violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza” riguarda il caso in cui ad avere cognizione e procedere alla diffusione della comunicazione, senza una valida giustificazione e recando nocumento, sia un soggetto terzo (dunque, diversamente dal caso precedente, estraneo, non partecipante alla conversazione). “Chiunque prende cognizione del contenuto di una corrispondenza chiusa, a lui non diretta, […] è punito, se il fatto non è preveduto come reato da altra disposizione di legge, con la reclusione fino a un anno o con la multa da trenta euro a cinquecentosedici euro. Se il colpevole, senza giusta causa, rivela, in tutto o in parte, il contenuto della corrispondenza, è punito, se dal fatto deriva nocumento ed il fatto medesimo non costituisce un più grave reato, con la reclusione fino a tre anni. Il delitto è punibile a querela della persona offesa.
  6. Divieto di impersonare un’altra persona su WhatsApp. La chat vieta d’impersonare altri individui e proibisce il furto d’identità digitale: non dobbiamo far credere di essere chi non siamo ad altre persone. CONSEGUENZE PER CHI LO INFRANGE  : L’identità digitale è tutelata ai sensi dell’articolo 9 del D.L. 14 agosto 2013, n. 93, convertito dalla legge 15 ottobre 2013 n. 119, che inserisce nell’articolo 640 ter del codice penale (frode informatica) un aggravio di pena per l’ipotesi in cui il fatto sia commesso “con furto o indebito utilizzo dell’identità digitale”. Nel momento in cui tale rappresentazione di sé è alterata o mortificata a causa dell’indebita intromissione di un terzo, questi sarà chiamato a rispondere, anche penalmente, della distorsione dell’altrui immagine. La normativa definisce anche il furto di identità tramite il decreto legislativo n. 64 dell’11 aprile 2011, in materia di prevenzione di frodi nel credito al consumo, il quale modifica il decreto legislativo 141 del 2010. Infine l’articolo 494 del codice penale punisce il reato di sostituzione di persona, ovvero la condotta di “chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, induce taluno in errore, sostituendo illegittimamente la propria all’altrui persona, o attribuendo a sé o ad altri un falso nome, o un falso stato, ovvero una qualità a cui la legge attribuisce effetti giuridici”.
  7. Divieto di inviare messaggi pubblicitari su WhatsApp. Nelle condizioni di utilizzo, WhatsApp si solleva da ogni responsabilità da prodotti o servizi pubblicizzati o offerti dagli utenti tramite il servizio, tramite link o status personali. Nessuna supervisione, si legge nel regolamento, può essere garantita rispetto a transazioni con terze parti. In un altro punto del regolamento, tuttavia, vieta categoricamente di pubblicare annunci o inviti di tipo pubblicitario. CONSEGUENZE PER CHI LO INFRANGE  : sospensione dell’account. Violazione degli artt. 13, commi 1 e 4, 130, commi 1 e 2, e 23 del Codice Privacy stante l’accertata finalità promozionale delle comunicazioni e la mancanza del necessario preventivo consenso informato degli interessati al trattamento.
  8. Divieto di inviare messaggi di natura pornografica, razzista, offensiva, minacciosa, illegale e diffamatoria su WhatsApp. Secondo le condizioni d’uso di whatsapp ogni comportamento di questo genere deve essere appropriatamente segnalato ed un utente prima di fare una denuncia dovrebbe raccogliere le prove in modo legale tramite una copia autentica dei messaggi whatsapp che si può [richiedere qui ]. CONSEGUENZE PER CHI LO INFRANGE  :  Pornografia e Pornografia virtuale : le disposizioni di cui agli articoli 600 ter e 600 quater si applicano anche quando il materiale pornografico rappresenta immagini virtuali realizzate utilizzando immagini di minori degli anni diciotto o parti di esse, ma la pena è diminuita di un terzo. Per immagini virtuali si intendono immagini realizzate con tecniche di elaborazione grafica non associate in tutto o in parte a situazioni reali, la cui qualità di rappresentazione fa apparire come vere situazioni non reali. È punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da euro 24.000 a euro 240.000 chiunque: utilizzando minori di anni diciotto, realizza esibizioni o spettacoli pornografici ovvero produce materiale pornografico; recluta o induce minori di anni diciotto a partecipare a esibizioni o spettacoli pornografici ovvero dai suddetti spettacoli trae altrimenti profitto. Razzismo e offese : Con il decreto legislativo 21/2018 i contenuti della Legge Mancino sono trasfusi nei nuovi artt. 604bis e 604ter del codice penale, ossia i reati in tema di discriminazioni razziali, etniche, nazionali e religiose. La singola offesa allo straniero non è più perseguibile come reato, mentre residuano solo l’intolleranza e l’odio xenofobo sotto forma di propaganda, contro cui, come sopra analizzato, si può procedere penalmente contro il colpevole. E per gli insulti razzisti ? Con il cd. decreto svuota carceri (D.lgs. n. 7/2016 del 15/01/2016) l’ingiuria non è più prevista come reato, per cui oggi rappresenta un mero illecito civile. Oggi non c’è più la possibilità di querelare chi pronuncia parole offensive o insulti mentre resta punita la diffamazione, quando in assenza della vittima se ne parla male davanti ad almeno due persone ( anche sul web), e la minaccia o l’intimidazione che spesso seguono un’ingiuria. Minacce : Chiunque minaccia ad altri un ingiusto danno è punito, a querela della persona offesa, con la multa fino a 1.032 euro. Se la minaccia è grave o è fatta in uno dei modi indicati nell’articolo 339, la pena è della reclusione fino a un anno.  Si procede d’ufficio se la minaccia è fatta in uno dei modi indicati nell’articolo 339. Affinchè possa dirsi integrata tale aggravante deve essere valutata la gravità della minaccia tenendo conto della lesione minacciata, nonchè dell’insieme di circostanze che accompagnano la condotta, sia oggettive (come ad esempio il tempo, il luogo, il modo) sia soggettive (si pensi all’età, al sesso). Diffamazione : secondo la sentenza n. 7904/19 della Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione, infatti, “se il messaggio viene inoltrato a destinatari molteplici e diversi, per esempio attraverso la funzione di inoltro o a gruppi di Whatsapp, su Twitter o Facebook, si tratta di diffamazione aggravata dal mezzo di pubblicità”.
  9. Divieto di violare diritti d’autore su WhatsApp. WhatsApp non permette che attraverso la piattaforma vengano commesse attività che violino la proprietà intellettuale. Contenuti e stati degli utenti possono essere rimossi se non rispettano il copyright. CONSEGUENZE PER CHI LO INFRANGE  :  Il diritto d’autore è stato inserito nell’ordinamento italiano con la legge 22 aprile 1941, n. 633. Chi viola il diritto d’autore sta diffondendo in tutto o in parte un’opera dell’ingegno protetta. E poiché la condotta può essere esercitata da chiunque, si tratta di reato comune.
  10. Divieto di inviare materiale pericoloso che possa veicolare virus su WhatsApp. Vietato spedire materiale contenente virus, worm, Trojan e altri codici, script o software potenzialmente dannosi sotto il profilo informatico e per l’integrità della piattaforma o dei dispositivi dei destinatari. CONSEGUENZE PER CHI LO INFRANGE  : Dispositivo dell’art. 615 quinquies Codice penale. Chiunque, allo scopo di danneggiare illecitamente un sistema informatico o telematico, le informazioni, i dati o i programmi in esso contenuti o ad esso pertinenti ovvero di favorire l’interruzione, totale o parziale, o l’alterazione del suo funzionamento, si procura, produce, riproduce, importa, diffonde, comunica, consegna o, comunque, mette a disposizione di altri apparecchiature, dispositivi o programmi informatici, è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa sino a euro 10.329.
  11. Divieto di spiare le chat WhatsApp del partner. Spiare i messaggi del partner costituisce accesso abusivo a sistema informatico o telematico ed illecito mantenimento nel sistema informatico. La regola generale, in materia di segretezza della corrispondenza, è quella contenuta nell’art. 15 della Costituzione: “La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili”. CONSEGUENZE PER CHI LO INFRANGE  : l’art. 615-ter c.p. al primo comma sancisce che: “Chiunque abusivamente si introduce in un sistema informatico o telematico protetto da misure di sicurezza ovvero vi si mantiene contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, è punito con la reclusione fino a tre anni.” Con aggravio qualora vengono sottratti messaggi o stampati senza autorizzazione. Il riferimento alla giusta causa, tale è così espressa ex art. 616 c.p.: “Chiunque prende cognizione del contenuto di una corrispondenza chiusa, a lui non diretta, ovvero sottrae o distrae, al fine di prenderne o di farne da altri prender cognizione, una corrispondenza chiusa o aperta, a lui non diretta, ovvero, in tutto o in parte, la distrugge o sopprime, è punito, se il fatto non è preveduto come reato da altra disposizione di legge, con la reclusione fino a un anno o con la multa da trenta euro a cinquecentosedici euro. Se il colpevole, senza giusta causa, rivela, in tutto o in parte, il contenuto della corrispondenza, è punito, se dal fatto deriva nocumento ed il fatto medesimo non costituisce un più grave reato, con la reclusione fino a tre anni.
  12. Divieto di perseguitare una persona con messaggi continui su WhatsApp configurando il reato di stalking. La sentenza della Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione del 21 novembre 2019, n. 47283 ha stabilito che i messaggi minatori ed intimidatori inviati alla vittima tramite Whatsapp sono prove documentali che possono essere liberamente utilizzate dal giudice. meglio se acquisite con valore legale tramite copia autentica o certificazione whatsapp [ click qui]  I messaggi Whatsapp e gli SMS conservati nella memoria di un telefono cellulare sottoposto a sequestro hanno natura di documenti ai sensi dell’art 234 c.p.p.; CONSEGUENZE PER CHI LO INFRANGE  : Il reato di stalking intende indicare un insieme di comportamenti molesti e continui, costituiti da ininterrotti appostamenti nei pressi del domicilio o degli ambienti comunemente frequentati dalla vittima, ulteriormente reiterati da intrusioni nella sua vita privata alla ricerca di un contatto personale per mezzo di pedinamenti, telefonate oscene o indesiderate o molestie sul web. Il reato di stalking (dall’inglese to stalk, letteralmente “fare la posta”) è entrato a far parte dell’ordinamento penale italiano mediante il d.l. n. 11/2009 (convertito dalla l. n. 38/2009) che ha introdotto all’art. 612-bis c.p., il reato di “atti persecutori”, il quale punisce chiunque “con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita”. Approfondisci la tematica e leggi come difenderti dallo stalking [ click qui ]
  13. Divieto di utilizzare stickers a contenuto offensivo, violento, discriminatorio, antisemita, nonché pedopornografico. “Questo tipo di attività sta ricevendo il consenso degli utenti preadolescenti e adolescenti, i quali spesso ne fanno un uso improprio, diffondendo adesivi digitali dai contenuti illeciti (pedopornografici, xenofobi, discriminatori, etc.), comportamenti, questi, che configurano reati gravi”. L’invito rivolto dalla Polizia a genitori e insegnanti è a sensibilizzate i ragazzi a un uso consapevole della Rete e, in particolare, dei sistemi di instant messaging (Whattsapp, Telegram……..); vigilare sul materiale (video, foto, stickers..) che i ragazzi condividono; e rivolgersi subito alle Forze dell’Ordine per segnalare situazioni riconducibili a tale fenomeno. CONSEGUENZE PER CHI LO INFRANGE  : vedere il punto 8 dell’articolo
  14. Divieto di offendere o diffamare insegnanti / professori / istruttori nei gruppi di WhatsApp. A stabilirlo è stata la quinta sezione penale della Corte di Cassazione, che con la sentenza n. 7904 ha spiegato che “sebbene il mezzo di trasmissione/comunicazione adoperato consenta, in astratto, anche al soggetto vilipeso di percepire direttamente l’offesa, il fatto che il messaggio sia diretto a una cerchia di fruitori” fa sì che la lesione della reputazione “si collochi in una dimensione ben più ampia di quella tra offensore e offeso”.  Nel caso della Chat, come ad esempio WhatsApp, si parla di diffamazione se una persona X parla male di Z in un gruppo chiuso, nel quale Z non è presente. Se X cancella subito il messaggio e nessuno ha letto la comunicazione o solo una persona A ha letto la comunicazione non si parla di diffamazione. Se X cancella subito il messaggio ma lo hanno già letto due persone A + B allora è diffamazione. Il nostro studio di informatica forense “Informatica in Azienda” è in grado di fornire a Z la prova con valore legale della diffamazione effettuando la copia autentica del messaggio [ click qui ] letto da A e B. Copia che, nel caso di WhatsApp può essere effettuata anche da remoto senza inviare il dispositivo al nostro laboratorio accedendo alla versione web di WhatsApp di A e B. CONSEGUENZE PER CHI LO INFRANGE  : La diffusione di un messaggio diffamatorio attraverso l’uso di una bacheca “facebook” integra un’ipotesi di diffamazione aggravata ai sensi dell’art. 595 terzo comma cod. pen., poiche’ trattasi di condotta potenzialmente capace di raggiungere un numero indeterminato o comunque quantitativamente apprezzabile di persone.
  15. Divieto di utilizzo di whatsapp per invio di immagini o video di sexting o per minacciare la diffusione di foto e video, fenomeno conosciuto come sextortion. Il sexting è un fenomeno che vede la pubblicazione mediante strumenti telematici come whatsapp di immagini sessualmente esplicite con o senza il consenso dei diretti interessati. Il sexting, per essere penalmente rilevante, deve consistere nell’effettuazione di riprese video sessualmente esplicite di altra o altre persone o di sé con altra o altre persone con o senza consenso di queste e, successivamente, nella diffusione delle stesse su whatsapp senza ottenere alcun valido consenso. Fino al reato di revenge porn. La sextortion invece, consiste nel minacciare la diffusione di materiale foto/video o di chat sessualmente esplicite per ottenere un’utilità, o altre foto e video sempre più compromettenti o normalmente denaro. Se interessati ad approfondire il tema del ricatto sessuale : “Ricatto sessuale online sextortion : cosa fare e cosa non fare”  [ click qui ]  CONSEGUENZE PER CHI LO INFRANGE  : L’art. 600 ter codice penale per il sexting dice che “E’ punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da euro 24.000 a 240.000 euro, chiunque: utilizzando minori di anni diciotto, realizza esibizioni o spettacoli pornografici ovvero produce materiale pornografico o recluta o induce minori di anni 18 a partecipare a esibizioni o spettacoli pornografici ovvero dai suddetti spettacoli trae altrimenti profitto. Il reato di sextortion viene integrato in quello di “estorsione”, severamente punito dall’articolo 629 del nostro codice penale con una pena compresa tra cinque e venti anni di reclusione. Nel caso in cui la vittima decida di non sottostare al ricatto, il reato sussisterà comunque, anche se nella forma del cosiddetto “tentativo”, sanzionato con una pena diminuita da un terzo a due terzi. Inviare ad un minore messaggi sessualmente espliciti su Whatsapp minacciando di pubblicare la chat integra violenza sessuale nonostante l’assenza di contatto fisico con la vittima Integra il reato di violenza sessuale la condotta consistente nell’invio di una serie di messaggi Whatsapp “allusivi e sessualmente espliciti” ad una minorenne, costringendola a scattarsi fotografie da inviare al soggetto agente, con la minaccia di pubblicare la chat su un altro social network.

QUELLO CHE NON CREDERESTI MAI SIA CONSENTITO SU WHATSAPP

Non esiste invece divieto per i seguenti utilizzi di whatsapp :

  • formare un gruppo WhatsApp per avvisare i partecipanti della presenza di posti di blocco della Polizia o dei Carabinieri alla condizione, come abbiamo visto prima, che i membri inseriti abbiamo dichiarato il loro consenso preliminare per la presenza nel gruppo. Gli insulti in chat private alle forze ordine non configurano il vilipendio, secondo il giudice, che ha archiviato l’inchiesta per cui erano indagati 49 ragazzi della Valle Scrivia che ha affermato che formare un gruppo WhatsApp per avvisare i partecipanti dei posti di blocco delle forze dell’ordine non è reato e non c’è alcuna interruzione di servizio pubblico.
  • insultare il datore di lavoro su chat whatsapp se in un piccolo gruppo di colleghi. Il licenziamento disciplinare del dipendente che utilizza una chat di Whatsapp per insultare un superiore gerarchico è illegittimo, in quanto il contenuto privato della chat è destinato ad un numero chiuso di partecipanti. L’utilizzo di una chat su whatsapp tra colleghi di lavoro per veicolare messaggi vocali o testuali di contenuto offensivo, minatorio e razzista nei confronti di un superiore gerarchico e di altri dipendenti non ha contenuto diffamatorio, non costituisce violazione dell’obbligo di fedeltà e non ha, in definitiva, portata rilevante sul piano disciplinare.
  • offendere i colleghi di lavoro su whatsapp in un piccolo gruppo di colleghi. L’utilizzo di una chat su Whatsapp tra colleghi di lavoro per veicolare messaggi vocali di contenuto offensivo, minatorio e razzista nei confronti di un superiore e di altri dipendenti non ha contenuto diffamatorio, non costituisce violazione dell’obbligo di fedeltà e non ha, in definitiva, portata rilevante sul piano disciplinare. Lo ha deciso il tribunale di Firenze: è diritto di corrispondenza privata.
  • leggere la chat whatsapp del coniuge rimasta aperta e visibile sul telefono appoggiato in casa sul tavolo del salotto. In contraddizione con il divieto 11 sopra esposto, una giurisprudenza abbastanza recente, del Tribunale di Torino e di Roma sostiene che non è reato leggere la chat whatsapp altrui che magari è rimasta visibile sul cellulare lasciato appoggiato sul tavolo del salotto. Si tratta cioè di tutti quei casi di coppie sposate o di conviventi more uxorio, i quali, vivendo sotto lo stesso tetto, debbono ovviamente condividere gli stessi spazi, con una conseguente limitazione reciproca del diritto alla privacy e riservatezza, anche nelle comunicazioni online. Spiare in modo casuale e non premeditato, la chat Whatsapp o via social del convivente, marito o moglie, non comporta quindi, secondo questi giudici, una condotta punibile legalmente.

CONFERIRE A WHATSAPP VALORE LEGALE

Molte aziende ora usano WhatsApp anche a fini commerciali, come comunicare con i clienti, inviare documenti o persino negoziare contratti. Come consulenti informatici, una delle domande che ci vengono poste spesso è se i messaggi di Whatsapp possano essere addotti come prove in tribunale. Vi confermiamo che tutti i tribunali oramai accettano i messaggi di Whatsapp come prova, ma solo se rispettano determinati requisiti. Noi di informatica in azienda forniamo una copia autentica o certificazione di messaggi o chat whatsapp con valore legale [ click qui ]

Usi WhatsApp ? Tutto quello che invii e ricevi diventa legale come una raccomandata con ricevuta di ritorno. Ecco cosa accade oggi utilizzando WhatsApp come prova legale, ovvero quando il messaggio ha ottenuto la DOPPIA SPUNTA COLORE BLU.

Nello specifico, i tre diversi tipi di spunte WhatsApp hanno questo significato:

Una spunta verde/grigia -> indica che il messaggio è stato inviato correttamente (ma non ricevuto).
Due spunte verdi/grigie -> indicano che il messaggio è stato ricevuto dal destinatario (ma non letto).
Due spunte blu -> indicano che il messaggio è stato letto. E’ il cosiddetto “doppio controllo” (o double check, in inglese) che segnala la conferma di avvenuta lettura.

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I CASI IN CUI WHATSAPP E’ STATO ACCOLTO COME PROVA  IN TRIBUNALE

  1. E’ AMMESSO COMUNICARE IL LICENZIAMENTO TRAMITE WHATSAPP

il Tribunale di Catania (Sez. lavoro Ordinanza, 27.06.2017) ha ritenuto che il licenziamento comunicato al lavoratore tramite WhatsApp assolva l’onere della forma scritta trattandosi di un documento informatico che, grazie al sistema delle doppie spunte (grigie quando il messaggio viene consegnato e blu quando viene letto) dà un riscontro completo della data e dell’ora di ricezione e lettura.

  1. E’ POSSIBILE COMUNICARE L’ASSENZA PER MALATTIA TRAMITE WHATSAPP

Il lavoratore può informare il datore dell’assenza per malattia con un messaggio WhatsaApp, trattandosi di una modalità il cui invio diventa più efficiente di una raccomandata a/r perché la “doppia spunta” grigia e blu dà informazioni immediate su data e ora di consegna e lettura (Tribunale di Roma, sentenza n. 8802/2017)

  1. SI PUO’ ESSERE LINCENZIATI PER UN MESSAGGIO WHATSAPP CONTRO IL DATORE DI LAVORO

Sempre in tema di licenziamento, il Tribunale di Milano (Sez. lavoro sentenza, 30.05.2017) ha ritenuto che fosse giusta causa di licenziamento la creazione di un gruppo WhatsApp utilizzato per denigrare il datore di lavoro, così sminuendo l’autorevolezza e il potere esercitato dallo stesso nei confronti degli altri colleghi.

  1. E’ CONSENTITO DIMOSTRARE ATTIVITA’ DI LAVORO SUBORDINATO TRAMITE WHATSAPP

I messaggi inviati tramite WhatsApp, contenenti anche fotografie, possono contribuire a dimostrare l’attività di lavoro subordinato, trattandosi di prove documentali che, insieme alle testimonianze, provano l’attività svolta come dipendente (Tribunale di Torino, sentenza n. 55/2018).

  1. E’ POSSIBILE OTTENERE LA CONDANNA AD UN PAGAMENTO DOVUTO PER UN MESSAGGIO DI CONFERMA SU WHATSAPP

I messaggi di WhatsApp legittimamente prodotti in giudizio, sono stati utilizzati per ottenere la condanna di una donna al pagamento delle somme di denaro di cui, in detti messaggi, riconosceva essere debitrice (Tribunale di Ravenna, sentenza n. 231/2017). In altre parole, alla luce della sentenza citata, il messaggio inviato in una chat di WhatsApp con il quale si afferma di avere un debito nei confronti del destinatario equivale ad un riconoscimento del debito stesso ex art 634 c.p.c.

  1. E’ PERSEGUIBILE IL REATO DI DIFFAMAZIONE PER UN COMMENTO FATTO SU UN GRUPPO DI WHATSAPP

Il Reato di Diffamazione si intende nel momento in cui l’offesa viene comunicata ad almeno due persone ( quindi un gruppo di whatsapp e non una chat privata ) ed è offensiva dell’altrui reputazione che si intende come onore e decoro di una persona, circa l’opinione degli altri. Per offesa alla reputazione si intende anche l’attribuzione di un fatto illecito quando questo viene identificato come riprovevole dalla comunità, in base a principi condivisi: si ricorda l’insulto alla professionalità, ai difetti fisici o per esempio l’attribuzione di appellativi come “ladro” ad una persona, anche qualora fosse condannata per furto.

  1. SI RISCHIANO SANZIONI PER LA PUBBLICAZIONE SU GRUPPI WHATSAPP DELLE IMMAGINI DEI PROPRI FIGLI MINORI

l Tribunale di Mantova Tribunale di Mantova, 19 settembre 2017) ha recentemente affermato la necessità del consenso di entrambi i genitori (o meglio: che non sussista l’opposizione di uno di essi) per la pubblicazione delle immagini dei figli minori su WhatsApp.

  1. SI COMMETTE REATO SE SI PUBBLICANO FOTO ALTRUI SU GRUPPI WHATSAPP SENZA IL CONSENSO DEGLI INTERESSATI

Se un privato pubblica un’immagine altrui senza aver ottenuto il consenso di chi vi è ritratto commette un illecito civile e l’interessato può chiedere al Tribunale di ordinare all’autore della pubblicazione o al gestore dello spazio online la rimozione immediata delle immagini o dei video. Se la pubblicazione delle immagini ha provocato un danno, anche morale, a chi vi è ritratto, questi può chiedere il risarcimento. Il risarcimento e la rimozione possono essere richiesti anche dai genitori, dal coniuge o dai figli della persona ritratta.

  1. E’ REATO DI STALKING SE SI MANDANO TROPPI MESSAGGI SU WHATSAPP AD UNA PERSONA

Il reato di stalking (dall’inglese to stalk, letteralmente “fare la posta”) è entrato a far parte dell’ordinamento penale italiano mediante il d.l. n. 11/2009 (convertito dalla l. n. 38/2009) che ha introdotto all’art. 612-bis c.p., il reato di “atti persecutori”, il quale punisce chiunque “con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita”. Recentemente il reato di stalking su whatsapp è stato ridimensionato per il fatto che un utente può effettuare il blocco dei messaggi in modo molto più semplice e veloce di un sms.

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