La norma, in vigore nell’Unione Europea, prevede che i cittadini possano chiedere al motore di ricerca di cancellare i risultati in cui il loro nome compare associato a pagine della loro vita personale che vogliono siano dimenticate, in particolare in merito a condanne penali ormai assolte la cui notizia potrebbe inficiare la ripresa di una vita normale.
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In base ai dati rilasciati da Google, nel documento “Three years of the right to be forgotten” risulta che, dal 2016, ossia da quando si registra questo tipo di operazione, a oggi Google ha ricevuto 2,4 milioni di richieste di cancellazione.
Nel report presentato da Google è presente anche la ripartizione dei gruppi che hanno presentato più richieste: i privati cittadini sono titolari del 90% di tutte le richieste e francesi, tedeschi e britannici sono titolari, sommati, del 50% del totale delle domande di oblio.
La top ten dei Paesi Ue per richieste di cancellazione. Google
Le imprese, i funzionari governativi e le personalità pubbliche hanno presentato meno del 7% delle richieste; Google, dal canto suo, ha dato seguito al 43% delle richieste, ravvisandone gli estremi di correttezza. Per intenderci: il diritto all’oblio non riguarda tutto quello che vogliamo venga dimenticato e che non ci piace del nostro passato, ma solo precise categorie di informazioni che possono essere lesive della nostra reputazione e delle nostra vita attuale.
“Abbiamo identificato due categorie dominanti di richieste – spiegano dal motore di ricerca -: le informazioni personali trovate su social media e sui siti di directory e le informazioni sulla storia legale e professionale riportate dalle agenzie di stampa e dalle pagine governative“.
Il report (tra le righe del quale si legge una certa insoddisfazione di Google nel seguire i dettami dell’UE in fatto di privacy e oblio) è stato rilasciato non a caso a poche settimane dall’entrata in vigore, il prossimo 25 maggio, del nuovo Regolamento Europeo sulla protezione dei dati personali e soprattutto a poche ore dalla prima sentenza inglese in fatto di diritto all’oblio. L’Alta Corte di Londra sarà chiamata a decidere se un truffatore condannato abbia diritto o meno a chiedere la cancellazione della sua storia giudiziaria dalla rete.